Colazione da Tiffany di Valeriana Mariani

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“Colazione da Tiffany”

di Valeriana Mariani

Albert Einstein era solito dire che è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. Ed in realtà ai suoi tempi, il mondo era pieno di pregiudizi, i cui effetti, specialmente nella prima parte del XX secolo, sono noti. Pregiudizi di superiorità razziale, etnica, religiosa e culturale; pregiudizi nei confronti di mezza umanità, come le donne, di minoranze e di particolari gruppi sociali, come gli omosessuali. Pregiudizi infine, anche verso se stessi, ma questa volta in positivo: noi siamo i migliori, gli eletti, i portatori della luce, il contrario, cioè, di quanto si può affermare degli altri. Il problema del pregiudizio è qualcosa che va affrontato per cercare di comprendere se dietro tanta insensata violenza e brama di sterminio, vi è anche dell’altro, oltre ai tradizionali interessi che portano a vedere nell’altro un nemico e di quanto si possa essere facili prede di suggestione e di vere e proprie campagne d’odio, più o meno subdole. George Mosse ha descritto in modo esemplare quella che è stata definita “la nazionalizzazione delle masse”, ma, in fatto di meccanismi devianti, sono parimenti importanti i contributi degli Adorno, Horkheimer, Arendt, Allport, Fromm. Per Claude Lévi-Strauss il pregiudizio è connesso all’insieme delle conoscenze e degli atteggiamenti che riceviamo in eredità dalla nostra cultura la quale ci fornisce gli occhiali con i quali impariamo a leggere e decodificare la realtà che ci circonda e posto così il problema, non ne consegue, di necessità, una valutazione negativa sulle culture degli altri, in quanto diverse dalla nostra. E’ invece il pregiudizio che molto spesso finisce con l’attribuire loro una tale connotazione, sul presupposto di convinzioni personali che non si basano sulla conoscenza dei fatti, persone, cose, bensì su semplici supposizioni o convinzioni correnti. In altre parole, il pregiudizio è un giudizio a priori, un’opinione che viene prima del giudizio, ovvero qualcosa che non ha bisogno di una specifica dimostrazione, come spesso accade nelle situazioni di conformismo. Il pregiudizio va ascritto alla categoria della difesa: un modo per difenderci da cose da cui ci sentiamo minacciati, da qui la nostra intolleranza e rifiuto di chi non è, o non la pensa, come noi. I pregiudizi sono sempre esistiti e come sostiene Allport hanno un nonsoché di “funzionale”, aiutano cioè, talvolta, ad alleggerire le stesse difficoltà della vita ma dobbiamo stare attenti che non arrivi ad essere un punto di arrivo e di massima degenerazione di una teoria che ha fatto, nel corso dei secoli, della superiorità del sangue e della propria cultura la ragione per opprimere i “diversi”. La globalizzazione dell’economia e delle comunicazioni ha messo in moto fenomeni contraddittori: migrazioni bibliche, fondamentalismi religiosi, pulizia etnica, esasperazioni nazionalistiche, piccole patrie. Il mondo è, al tempo stesso, più coeso e più diviso. Nel fluire dei decenni e dei secoli i sistemi si trasformano, i reggimi crollano, la scienza fa nuove conquiste, ma il fondo dell’animo umano rimane sempre uguale a sé stesso, talvolta alimentandosi delle medesime idee di superiorità e di volontà di dominio, sia pure ammantate di iperscienza, di modernità e potenza mediatica. Sta di fatto che oggi come ieri, il pregiudizio continua ad alimentarsi di miti, e ciò è senza dubbio, paradossale. C’è chi striscia e chi vola. Io volo. I love me.

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